Aggiornamento del 25 giugno: La tregua tra Iran e Israele regge, mentre il premier Netanyahu ha parlato di «vittoria storica» che «durerà per generazioni». Anche il presidente Pezeshkian ha annunciato la fine delle ostilità.
Aggiornamento del 24 giugno: In risposta agli Stati Uniti, l’Iran ha lanciato missili in Iraq e soprattutto in Qatar, contro Al Udeid, la base militare americana più grande in Medio Oriente e hub del CentCom, il comando combattente delle forze armate statunitensi responsabile della pianificazione delle operazioni militari in regioni come il Medio Oriente e l’Asia Centrale. Molta la paura tra la popolazione qatarina, ma non si sono registrate vittime. Prima dell’offensiva la base era stata svuotata e quasi tutti i missili sono stati intercettati, a parte uno che è stato «lasciato libero». Poco prima, proprio il Qatar, assieme agli Emirati Arabi aveva deciso di chiudere lo spazio aereo in via precauzionale.
Trump ha poi riunito il consiglio per la sicurezza nazionale a attaccato Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Russia e stretto collaboratore del presidente Vladimir Putin. In seguito il tycoon si è soffermato sulla reazione “contenuta” di Teheran: «Voglio ringraziare l’Iran per averci avvisato tempestivamente, il che ha permesso di non perdere vite umane. Forse l’Iran può ora procedere verso la pace e l’armonia nella regione, e incoraggerò con entusiasmo Israele a fare lo stesso».
Alle 6 del pomeriggio di Washington, il tycoon ha annunciato con soddisfazione, e per mezzo social, il raggiungimento di un cessate il fuoco tra le parti in conflitto: «Congratulazioni a tutti! È stato pienamente concordato tra Israele e Iran che ci sarà un cessate il fuoco completo e totale (tra circa 6 ore da ora, quando Israele e Iran avranno concluso e completato le loro missioni finali in corso!), per 12 ore, punto in cui la guerra sarà considerata finita!».
Poi il presidente americano ha spiegato più nel dettaglio l’accordo da lui mediato, ma in cui ha avuto un ruolo importante anche il Qatar di Al Thani, una delle tappe del recente tour economico mediorientale di The Donald e partner fraterno dell’Iran: «L’Iran inizierà il cessate il fuoco e, alla dodicesima ora, Israele inizierà il cessate il fuoco e, alla ventiquattresima ora, una fine ufficiale della guerra dei 12 giorni sarà salutata dal mondo. Partendo dal presupposto che tutto funzioni come dovrebbe, e così sarà, vorrei congratularmi con entrambi i Paesi, Israele e Iran, per aver avuto il Coraggio e l’Intelligenza per porre fine a quella che dovrebbe essere chiamata “la guerra dei 12 giorni”. Avrebbe potuto durare anni e distruggere l’intero Medio Oriente, ma non l’ha fatto e non lo farà mai! Dio benedica Israele, Dio benedica l’Iran, Dio benedica il Medio Oriente, Dio benedica gli Stati Uniti d’America e Dio benedica il mondo!»
Trump si è detto furioso con Teheran e Tel Aviv per la violazione della tregua e si è sentito telefonicamente con Netanyahu. Israele ha denunciato un attacco missilistico da parte dell’Iran contro il suo territorio, ma il tutto è stato smentito da Teheran. Dal governo di Netanyahu sia il ministro della Difesa Israel Katz che il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich hanno rivolto parole dure al nemico, minacciando un’imminente risposta. Dall’altro lato, anche l’Iran ha accusato Israele.
Aggiornamento del 23 giugno: Gli Stati Uniti di Donald Trump entrano in guerra a fianco di Israele con l’operazione Midnight Hammer, attaccando i tre siti nucleari iraniani di Natanz, Isfahan e Fordow, cuore del programma di Teheran. «Annientamento è un termine esatto!», ha scritto sul social Truth il tycoon, che per la prima volta ha aperto ad un possibile cambio di regime nella teocrazia sciita guidata dal capo politico e religioso Ali Khamenei. Con l’acronimo MIGA (“Make Iran Great Again”) anche l’inquilino della Casa Bianca, dopo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha ipotizzato una svolta dopo l’era dominata dalla Guida suprema, sinonimo di rigidità e dottrina radicale nell’interpretazione dell’Islam.
Sia per Washington che per Tel Aviv, Teheran non può dotarsi dell’arma nucleare poiché sarebbe un fattore di destabilizzazione in una regione già fragile e complessa, dove gli Stati Uniti vantano una storica influenza. Anche se l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica non ha prove certe sull’intenzione iraniana, negli ultimi anni l’Iran ha proseguito a ritmi accelerati l’arricchimento dell’uranio ed eluso controlli internazionali, difendendosi sempre dalle critiche e parlando di un programma civile, non militare.
La scelta di colpire non trova d’accordo tutto il Partito repubblicano, in particolare la corrente di estrema destra MAGA (“Make America Great Again”) che si riconosce nel motto dell’America First e dà priorità agli affari interni piuttosto che alle questioni internazionali riguardanti altri Stati. Massima è l’allerta nel Paese per possibili attentati, considerazione che ha portato a misure di sicurezza rafforzate. Secondo l’agenzia Reuters, che cita in forma anonima due alti funzionari di Washington, gli Stati Uniti si attendono la risposta iraniana entro due giorni. Malgrado l’attacco, The Donald si dice ancora interessato al raggiungimento di una soluzione diplomatica. Resta, però, lo spettro che la guerra si allarghi.
L’Iran ha avvertito gli Stati Uniti e minacciato di distruggere le basi militari americane in Medio Oriente, area dove sono stanziati circa 40mila soldati degli Stati Uniti. Sono molte le vittime tra i Guardiani della Rivoluzione, corpo di difesa nato dopo la Rivoluzione khomeinista del 1979, e sul Paese di Khamenei si alza la pressione affinché torni al tavolo dei negoziati sul nucleare. Secondo quanto riporta la tv di Stato, un cittadino europeo è stato arrestato ad Hamedan, nell’ovest dell’Iran, per spionaggio in favore di Israele. «La spia è entrata nel Paese travestita da turista e per raccogliere informazioni e interrompere i sistemi offensivi e missilistici in Iran», ha spiegato l’emittente.
«Questo atto ostile amplierà la portata degli obiettivi legittimi delle forze armate iraniane e aprirà la strada all’estensione della guerra nella regione», ha detto il portavoce delle forze armate Ebrahim Zolfaghari. Alle proteste di Teheran in strada e in piazza Enghelab contro gli Stati Uniti e Israele al grido di «vendetta», si è unito anche il presidente iraniano Masoud Pezeshkian. All’Iran è giunta la solidarietà della Russia come dimostra l’incontro al Cremlino tra il ministro degli Esteri Abbas Araghchi e il presidente Vladimir Putin, il quale ha parlato di «aggressione ingiustificata» e inviato i suoi auguri a Khamenei. Si schiera con decisione contro lo Stato ebraico anche la Turchia, con il presidente Recep Tayyip Erdogan che ha difeso la sovranità territoriale dell’Iran: «Stiamo compiendo grandi sforzi per impedire che gli attacchi di Israele e dei suoi sostenitori contro il nostro vicino Iran si trasformino in un disastro ancora più grande», ha affermato in un discorso a Ankara.
L’azione americana è stata invece difesa dal Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica (Nato) Mark Rutte, che alla vigilia del vertice dell’Aia ha detto: «Non sono d’accordo con chi considera l’attacco degli Usa in Iran come in contrasto col diritto internazionale». «Gli alleati hanno concordato da tempo che l’Iran non può avere la bomba atomica ed è obbligato a rispettare il regime di non proliferazione», ha aggiunto l’ex premier dei Paesi Bassi.
Mentre la Repubblica Islamica paventa l’idea di chiudere lo Stretto di Hormuz, passaggio marittimo cruciale a livello geopolitico per il commercio mondiale del petrolio e del gas, l’incertezza dopo i raid americani pesa sulle Borse europee che aprono la settimana del 23 giugno in calo: da Parigi a Londra, passando per Francoforte. Intanto, esulta il primo ministro israeliano Netanyahu, che si è recato al Muro del Pianto a Gerusalemme per pregare per la salute di Trump e per il «successo della continuazione della guerra contro l’Iran».
Sono parole al miele quelle rivolte da “Bibi” nei confronti del presidente americano, nella convinzione che il suo Stato debba proteggersi dalla minaccia “esistenziale” portata dall’Iran: «La decisione di Trump è coraggiosa e cambierà la storia». Nel frattempo, continuano gli attacchi incrociati: Teheran è stata bersagliata da cento bombe in due ore. Tra gli edifici colpiti dai soldati israeliani ci sono anche l’Università della capitale, il quartier generale dei pasdaran, “l’orologio della distruzione di Israele” in Piazza Palestina e il carcere di massima sicurezza di Evin.
Aggiornamento del 16 giugno
Il 16 giugno l’Iran ha lanciato missili contro diverse città israeliane, in risposta all’offensiva iniziata da Israele il 13 giugno. Nel frattempo, il bilancio delle vittime continua a salire da entrambe le parti.
Nella mattinata del 16 giugno, i soccorritori israeliani erano impegnati nella ricerca di sopravvissuti tra le macerie di edifici crollati a Tel Aviv, Petah Tiqwa e Bnei Brak. Intanto, una densa colonna di fumo nero era visibile anche ad Haifa, nel nord del Paese.
L’offensiva israeliana del 13 giugno, definita senza precedenti, ha preso di mira centinaia di obiettivi militari e nucleari in Iran, con l’obiettivo dichiarato di impedire al paese di acquisire armi nucleari. In entrambi gli Stati, sono state colpite anche zone residenziali.
La televisione di Stato iraniana ha comunicato che Teheran ha lanciato missili ipersonici contro Israele. Secondo quanto riportato, i missili Fattah “hanno superato con successo le difese del regime israeliano”, come dichiarato durante il sesto giorno di conflitto.
Il nuovo sistema missilistico, caratterizzato da una traiettoria di volo e da una modalità di lancio mai osservate prima, sarebbe stato documentato in un video. La scia del missile, che avrebbe raggiunto un’elevata quota, sarebbe stata visibile da Teheran fino a Shiraz.