Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Aprile 3 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 4 2022
«Che fare? Fare libri»

Nicola Lagioia, direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, racconta le sfide e i successi della cultura tra pandemia e guerra

«Senza il Salone del Libro, Torino perderebbe una parte importante della propria identità, del proprio carattere, del proprio orgoglio». Lo sa bene Nicola Lagioia, da sei anni direttore e «traghettatore nel mare in tempesta» della più rinomata manifestazione italiana dell’editoria. Lagioia ha salvato il Salone tre volte. La prima, quando metà degli editori ha abbandonato la Mole per scegliere il Duomo. La seconda, quando la vecchia Fondazione è fallita, schiacciata dai debiti. La terza, la prova più difficile, quando la pandemia ha sequestrato le vite di tutti. «Un’accelerazione brusca dell’instabilità» che ha richiesto una grande scommessa sui risultati della lotta al Covid per organizzare Vita Supernova, la potente esplosione stellare che ha illuminato la fortunata edizione straordinaria dello scorso ottobre. «I fatti ci hanno dato ragione: il Salone è stato il primo grande momento di liberazione dopo le restrizioni più dure del lockdown. Un’occasione di condivisione e di bellezza per ritrovare la comunità separata dalla pandemia».

«Che fare? Fare libri»
Nicola Lagioia, direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino

A maggio, dopo appena sette mesi, il Lingotto pulserà di Cuori Selvaggi, la trentaquattresima edizione del Salone che lancerà i cuori oltre gli ostacoli dei tempi inquieti della guerra. I pensieri dei migliori scrittori, saggisti, esperti di cinema e di musica, politologi, economisti e scienziati provenienti da ogni angolo del mondo produrranno «un grande laboratorio di idee per ragionare non solo su quello che sta succedendo e su quello che potrebbe succedere, ma anche su un futuro accettabile e desiderabile, perché se non immaginiamo prima un mondo migliore, sarà poi complicato costruirlo davvero». A favore dell’Ucraina, la Casa della Pace ospiterà iniziative umanitarie e letterarie, perché la guerra è anche uno scontro tra narrazioni. E allora «“che fare?”, per citare Lev Tolstoj, autore russo e pacifista? Sicuramente fare libri può venire in nostro soccorso». Il Salone sarà protagonista del dialogo fra le culture, perché «anche in questi anni così complicati, alle spalle di tutto ci sono i libri, in cui convivono complessità, coinvolgimento emotivo, antidoto contro la solitudine e rifugio mentale e spirituale». L’ultima edizione del Salone stipulerà anche un patto fra vecchie e nuove generazioni per «ampliare lo sguardo sui filoni culturali e artistici», non solo intrecciando le energie intellettuali di autori centenari e di esordienti poco più che ventenni, ma anche coinvolgendo i giovani attivisti del movimento ambientalista Fridays for Future nel dialogo sulla sostenibilità, essenziale per «ritrovare un’armonia tra l’uomo e la natura».

«Che fare? Fare libri»

In attesa della conferenza stampa del 12 aprile, che svelerà il cartellone definitivo degli appuntamenti del Salone (finora sono stati annunciati soltanto alcuni ospiti, tra i quali la scrittrice francese Annie Ernaux), Lagioia conferma lo svolgimento del Salone Off, che da diciotto anni riversa gli eventi culturali diurni del Lingotto nelle serate dei teatri, delle sale da concerto, dei cinema e delle associazioni culturali torinesi, e la collaborazione con la Scuola Holden di Alessandro Baricco, che organizzerà la festa del Salone, negata dalla pandemia: «Un rituale primaverile all’insegna della cultura, del sapere, del calore umano e dell’amicizia». Numerosi saranno anche gli editori indipendenti con proposte ricche, coraggiose e originali: «Basti pensare a case editrici come Adelphi, che non esiste in altri paesi, o Sellerio, dotata di forza identitaria, e ancora Edizioni e/o, che ha pubblicato l’autrice italiana più popolare dell’ultimo decennio, Elena Ferrante».

«Che fare? Fare libri»
Salone Internazionale del Libro di Torino

Sotto la guida di Lagioia, negli anni il Salone è cresciuto, si è rafforzato e ha attirato sempre più visitatori. «Un motivo di orgoglio» per il direttore, che però concluderà l’esperienza l’anno prossimo. «Il Salone sarà sempre un capitolo molto importante della mia vita, non soltanto professionale, ma anche emotiva e sentimentale». Nei suoi progetti, fluire: «Come diceva Joe Strummer, il futuro non è scritto. Vedremo cosa accadrà».

Leggi anche: Librerie indipendenti, tra digitale e attenzione al cliente: la ripresa dell’editoria