Esclusiva

Gennaio 30 2025
Dall’HIV si può guarire ma resta la paura

L’associazione Lila spiega a Zeta che le persone si curano con successo grazie agli sviluppi medici. Ciò che frena la libertà è il pregiudizio che resiste alla scienza

«Buonasera a tutti, sono nuovo in questa chat. Ho scoperto da qualche mese di essere sieropositivo. Un trauma incredibile, con conseguenze devastanti a livello mentale. Tristezza e debolezza finiranno?», scrive un utente al diario di Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids). L’associazione è nata negli anni ’80, mentre il mondo era travolto dalla scoperta dell’HIV. Oggi la medicina ha cambiato lo stato di salute dei pazienti sieropositivi che, però, si ritrovano ad affrontare il complesso stato di disinformazione e pregiudizio che persiste in tutta Italia.

«Aiutiamo chi ha contratto il virus – spiega Laura Supino, direttrice del giornale online Lila News – e non solo dal punto di vista medico ma anche psicologico e legale. Nonostante siano passati ormai più di 40 anni dalla diffusione della malattia e siano cambiate tante cose, i casi di discriminazione sono ancora molti. La gente non è informata perché da che se ne parlava male e tantissimo, adesso se ne parla male e pochissimo».

Ancora oggi le persone con HIV lottano per i propri diritti. Negli ultimi quattro anni, oltre il 35% di chi si è rivolto all’organizzazione lo ha fatto per cercare un rimedio alle stigmatizzazioni vissute in ambito lavorativo e sanitario. Richieste illegali di test per le assunzioni, rifiuto di cure o trattamenti e la divulgazione non autorizzata dello stato sierologico sono solo alcune delle violazioni a cui sono esposti. Il caso più emblematico è la continua posticipazione degli interventi chirurgici, basata su credenze antiscientifiche.

A distanza di anni, il pregiudizio e l’ignoranza continuano a condizionare la vita delle circa 140mila persone sieropositive in Italia. Una disinformazione che mette a dura prova la resistenza e la lucidità anche di chi sa benissimo come funziona la trasmissibilità del virus. «Hanno chiamato il mio compagno per un controllo. Io sono nel panico perché ho pensato che sicuramente sarà una scusa e sarà positivo all’HIV. Domani dovrebbe avere tutti i risultati. È da ieri che ho l’angoscia. Lo so che non è razionale, lo so che U=U», scrivono sul blog di Lila. U=U significa “undetectable equals untransmittable”, se il virus non viene più rilevato nel sangue dalle analisi di routine, vuol dire che non si può trasmettere. «Grazie a questa soppressione virologica si può avere una vita sessuale assolutamente normale, avere figli in maniera naturale ed è una conquista immensa. Sono cose importantissime che tutti dovrebbero conoscere. Sapere che ci si può curare rende la diagnosi meno spaventosa. Molti evitano di fare il test perché hanno paura del risultato, hanno paura di essere riconosciute. Cioè lo stigma ancora crea molto sommerso», spiega Supino.

Secondo l’ultimo report di Lila, nel 2023 la fascia di età 30/39 è la più coinvolta. Negli uomini di questa fascia, l’incidenza è di tre volte superiore a quella delle donne. La trasmissione sessuale rimane la principale via di contagio, rappresentando l’86,3% delle nuove diagnosi, con una parte consistente di eterosessuali (47,6%). Ma la notizia più allarmante riguarda la crescente diagnosi tardiva. Nel 2023, il 41,4% delle nuove diagnosi è arrivato quando l’infezione era già in fase di AIDS. E, ancor più drammatico, il 25,5% delle persone ha scoperto di essere sieropositiva proprio quando la malattia era già in fase avanzata. Le proporzioni sono più alte tra i maschi eterosessuali (32,5%) e gli over 60 (40,4%). «La popolazione eterosessuale si ritiene meno a rischio, hanno questo immaginario di un’infezione legata ad alcune categorie in cui non si riconoscono. Ma è una credenza pericolosa, – afferma la direttrice – non ci si protegge, non si fa il test, e abbiamo un numero molto alto in Italia di diagnosi che arrivano in ritardo. Con le terapie che esistono è inaccettabile arrivare ad ammalarsi oggi di AIDS, la fase finale dell’infezione. Chi si cura non arriva mai a questo punto».

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