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Esclusiva

Maggio 20 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 22 2022
Kiev vista dal Gran Sasso

La storia di Volodymyr Tretyak, scienziato nucleare che continua i suoi esperimenti in un centro di ricerca italiano

«All’inizio della guerra nessuno con meno di sessanta anni poteva abbandonare l’Ucraina, ma io ne ho sessantacinque. Non potevo essere utile per combattere. Potevo solo continuare a fare scienza, fuori dalla mia terra». Il professore Volodymyr Tretyak di Kiev, fisico dell’Institute for Nuclear Research of the National Academy of Sciences of Ukraine, ha vissuto una guerra diversa. Lontano dal suo Paese, ma non per questo meno coinvolto emotivamente.

«Sono uno scienziato nucleare e lavoro nel laboratorio nazionale del Gran Sasso. Da circa venti anni sono in Italia e faccio esperimenti».

Kiev vista dal Gran Sasso

Quando c’è stata l’invasione russa il professore era da poco tornato nel suo Paese per stare vicino alla sua famiglia. «Non sapevamo ancora cosa ci aspettava. Molti soldati avevano invaso la città, rapivano bambini e abusavano delle donne. Molti di loro uccidevano solo per divertimento.

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Ricordo di aver ritagliato un pezzo di stoffa della mia coperta nera per evitare così che la finestra della mia stanza si illuminasse di sera».

Kiev vista dal Gran Sasso

Il tono della sua voce si affievolisce nel racconto di quando tutto ha avuto inizio. «È stato molto difficile. Una bomba mi ha svegliato quando ero ancora a letto. Io e la mia famiglia non sapevamo come comportarci. Si sentivano continuamente sirene. Sono uscito per andare in un negozio a comprare qualcosa e c’era il caos. Ho sentito spari vicino alla nostra casa e sono immediatamente rientrato. Sono stati giorni terribili. Era davvero difficile recarsi nei negozi, c’era una fila di centinaia di persone e mancava il pane e l’acqua. Nei giorni successivi, quando sembrava che la situazione fosse un po’ migliorata, ho comprato una torta per festeggiare il compleanno di mio figlio che compiva ventisette anni».

Dopo venti giorni di guerra Tretyak e la sua famiglia decidono di lasciare Kiev: «a Leopoli sono rimasto soltanto dieci giorni perché poi è stata bombardata. Nei giorni successivi ho ricevuto inviti da Paesi come la Francia e gli Stati Uniti, ma non volevo allontanarmi troppo».

Tretyak è arrivato in Italia, accolto dal professor Bruno Rubino, Prorettore delegato per gli Affari Internazionali dell’università dell’Aquila che racconta: «il 24 febbraio, vista la gravità di ciò che stava succedendo, ho sentito immediatamente i miei omologhi delle università partner e, insieme al collega di Leopoli, abbiamo discusso dell’opportunità di aiutare a fuggire dal Paese cinquanta studenti e ricercatori di tutte le università ucraine». Il professore Tretyak è arrivato con sua moglie, ma ha aspettato molto a lasciare il Paese perché aveva un figlio che non poteva abbandonare l’Ucraina.

«Adoro il vostro Paese, mi dà la possibilità di continuare a fare il mio lavoro. Kiev è davvero una bella città con le sue strade, i suoi negozi e le sue persone, ma io sono stato molto tempo anche in Italia e quindi per me questa è una situazione che mi è già accaduta in passato, è come se fosse la normalità». Tretyak avrebbe voluto conservare le sue radici, ritornando a Kiev, ma sono state sradicate dalla guerra, sembra…senza alcun rimpianto.